Ballare è dei liberi:
Natalie Bo Shakra, del monte libano, 21 anni, studentessa in sociologia, laureata nell’Università americana a Beirut (AUB).
Arrivata a Gaza il 21 Dicembre sul bordo della nave "Dignity", e ha rifiutato di ritornare indietro.
Con una famiglia palestinese, ha deciso di vivere le soffernze del suo popolo oppresso, nonostante la richiesta d’evacuazione degli stranieri, ha rifiutato di tornare.
Da Gaza ,Natalie ha scritto : NON ABITO DA NESSUNA PARTE.
Il mio indirizzo è l’inaspettato, se vieni a travormi piangerò,e ti canterò: "Visitatemi una volta sola all’anno,è peccato dimenticarvi di me…" (Feyrouz)
Se hai deciso di non visitarmi , canterò : "Passa bellezza, passa..che ti faccio un caffè.."
Se hai deciso di viverci , canterò : "Benvenuto, hai illuminato il posto.." e Ballerò il "Dabkè", perchè tu sei venuto a trovare l’inaspettato!
Cosa mangeremo e cosa berremo? Berremo insieme l’oppressione e mangeremo la paura.
E richiameremo dalla dimenticata memoria del 1948, e balleremo con il ritmo della morte e delle lacrime, come fate voi nello schermo della televisione e nella sinfonia del consiglio di sicurezza: Questo , caro mio, il ritmo del 194, e il 237 e il 245…e il 308, 323 e il 337 e… etc.
Scusami caro signore, ti prego di scusarmi.
Non ho elettricità per lavarti i vestiti.
Nè per conservare il tuo cibo, nè per caricare il tuo cellulare, nè per ascoltare il telegiornale del 21°esimo secolo.
Scusami caro signore, non ho un portatile per aprire la tua posta, nè una medicina per la tosse nel caso ti ammali da freddo. Neanche un riscaldamento per curare il tuo corpo tremante.. Niente caro signore, noi siamo nell’inaspettato, nell’inaspettato infinito..
Nonostante ciò, canteremo, sì, siamo un popolo che non muore, e canteremo "El Atrash" per sempre..
Per favore, signore, non chiedermi chi sono, e di quello che faccio per sfidare la morte e il tempo.
Per favore, signore, non chiedere a me i tuoi diritti.
Nell’inaspettato , non c’è bene, nè male.
Non c’è una casa, nè un’abitazione, non c’è un umano, nè un assassino.
Nell’inaspettato, viveremo io e te, sul ritmo della miseria, sul ritmo della disperazione e della dimenticanza.
Sul ritmo della luna e del sole, sul ritmo dell’oppressione e della sofferenza.
Nell’inaspettato.
Non chiedermi della nazione ,delle rivoluzioni e delle divisioni. Se lo scarafaggio in casa sua vive, per lo scarafaggio esiste una patria. Ed io vivo in uno schifoso spazio,con il fantasma e la muffa.
Il mio cuore non trema più per amore.
Il bambino è morto senza cura , nè melodia.
Il moroso è morto tra le mani e io ke prego per il potente.
Il potere del benessere e dei palloni di calcio.
Per Rafah, Beit Hanoun e le navi..
Le notizie sono notizie.. e la situazione di morte e imbargo..e il fratello e il lupo e lo scarafaggio..
E l’occupazione e la colonizzazione e la tempesta, nella mia storia una fiamma spenta,
ma con l’insistere, il fuoco è ancora fuoco.
Noi, caro signore, noi arabi liberi
e se non mi credi, con l’insistenza ti farò vedere la morte e la vergogna che ha colpito ogni "chiacchierone" nel mondo dei liberi.
Noi , padroni della "lingua del Dh’ad" (l’arabo) , Britney e Witney e Livni, balleremo per loro: perchè siamo liberi.
Ballare è dei liberi
Ti farò vedere il golfo dell’argento e dell’oro, del denaro e del petrolio. E canteremo per il re e la regina , nell’epoca dell’opera.
E mangeremo buon formaggio e panna nei sogni . E costuiremo patrie di carta e orecchie arabe.
E romperemo l’arte del silenzio e del pop , le gambe della liberà e il hip-hop, e viveremo per l’infinito sull’urlo che chiama l’inanimato.
Noi siamo nell’epoca della morte , del silenzio e della "vita da cantine"
Viveremo un buio che lo illumina la candella delle sere gelate, e sulla melodia del vento pregheremo e risurciteremo le anime dei martiri della fame ,dellosterminio, dell’imbargo e della guerra.
Canteremo e pregheremo e sogneremo
e alla fine, ti uccidero e mi ucciderai.
Perchè nell’inaspettato non c’è inchiostro nè penna nè matità nè nazioni, ma un dolore criminale, un odio distruttivo censurato.
Signor presidente, apri il valico , il mio nome è amer, mio figlio è Thaer (nome significa ribelle), non un Thaer ribelle, ma che soffre di epatite nell’undicesimo anno.
Signor presidente, per favore , fammi passare , il corpo è stanco, e i figli da salvare. Ho solo loro davvero.
Signor presidente, sono un profugho del 1948, quando mi ha abbandonato all’occupazione. Ho perso la famiglia.
Durante la costruzione del muro. Mia madre era nel letto, mio padre nel giardino che perdeva la vita.
Sono tornata dalla scuola , per vedere carri armato sopra le nostre macerie.
Signore, lo so che sono un’orfano senza pietà, scuserò chi vuoi, ma fammi passare.
La mia terra è deserta , grazie a loro. E in piedi impotente davanti a te.
Nella mia casa , viviamo in 10, da un vicino all’altro e un fratello e due topi, mangiamo il pane una volta in due settimane,e l’acqua pura ogni due giorni..
Signor presidente, nel mio cuore c’è dolore e sto un piedi come una statua.
Una statua ferita davanti al dolore dei bambini, davanti alle loro lacrime care, davanti alle loro voci piangenti, davanti alla soffernza e alla lunga notte e alla natura grigia.
Signor presidente!
Sono il palestinese che cerca la sua patria sotto le macerie, sono il palestinese che il suo popolo sfida le difficoltà e la miseria e le bugie e le promesse sconfitte!
Natalie, da Gaza
(Fonte: Il quotidiano libanese : Addiyar)